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OceanMan Lago d'Orta 2016 - Il mio resoconto della gara

 

OceanMan Lago d'Orta

 

Io non sono un nuotatore particolarmente dotato, però mi impegno molto e mi dà gusto raggiungere obiettivi che sono temporaneamente al di fuori della mia portata. Non nuoto da molto tempo, ho cominciato tre anni e mezzo fa quando ho smesso di fumare, non riuscivo a camminare a causa di due ernie al disco che erano peggiorate ed avevo una vita sportiva nulla. Ho cominciato prima da solo e successivamente accodandomi ad un gruppo di triatleti che vedevo spesso nuotare nella corsia a fianco della mia. E’ così che ho conosciuto Alessandro, il mio attuale allenatore.

Lago d'OrtaLa proposta di fare questa traversata mi arriva via WhatsApp proprio da lui una sera di ottobre.
Mi propone una competizione che altro non è che quella che una volta si chiamava Traverlonga, mentre oggi viene chiamata OceanMan Lago d’Orta in quanto facente parte dell’omonimo circuito di gare internazionali.

Inizialmente non mi sono sentito molto entusiasta per questa competizione perché avevo per la testa altri progetti altrettanto al di sopra delle mie possibilità fisiche, tuttavia ben presto ho trovato intrigante  vedere  che si trattava di una competizione di alto livello, dove partecipavano atleti proveniente da oltre 22 nazioni del mondo.

Quasi 250 iscritti per attraversare a nuoto, per il lungo, i 14 km del Lago d'Orta: l'unico lago italiano con l'affluente a nord, il più occidentale tra i nostri grandi laghi prealpini, uno dei più belli.


Mappa Lago d'Orta

 

I "Galleggianti" a Marina di Massa

La preparazione fisica comincia immediatamente: nove mesi intensissimi.

Nell'ultimo mese di preparazione mi ritrovo molto preoccupato riguardo la temperatura dell'acqua del lago. E' ancora molto freddo, a circa 16 gradi, ed io non ho mai nuotato nell'acqua fredda. Quanto resisterò a nuotare in un lago che statisticamente in giungo è a 20 gradi? Oltre quattro ore di nuoto senza muta non sono uno scherzo. Devo assolutamente provare a nuotare a lungo in acqua fredda e così faccio in un week-end di maggio.

Mi prefiggo di nuotare un'oretta e mezzo in mare con una temperatura ancora a 19-20 gradi. Mi rendo conto che in quelle condizioni dovrei riuscire ad arrivare a due, massimo tre ore di nuoto continue, oltre questo tempo il rischio di ipotermia o di crampi diventa molto alto.

Passano i giorni e la preparazione prosegue. Arrivo a nuotare oltre 33 km alla settimana sfruttando la pausa pranzo ed i week-end. In tutti questi mesi ho combattuto con la fatica ascoltando ciò che il mio corpo mi diceva, con la paura di farmi male o nel timore dell'aggravarsi della mia spalla lussata o delle mie due ernie alla schiena.

Due settimane prima della gara il mio corpo ne ha abbastanza e si rifiuta di proseguire oltre: sono cotto. E questo purtroppo mi succede una settimana prima dello scarico programmato. Peccato, perché mi avrebbe fatto comodo portare l'allenamento un po' più vicino alla gara.

Per fortuna le spalle e la schiena ancora reggono, sono solo stanco ma ho tutto il tempo per recuperare.

La domenica prima della gara mi dicono che il lago è ancora molto freddo perché ha sempre fatto brutto tempo. Mi sono allenato per troppo tempo e non me la sento assolutamente di ritirarmi per aver sottovalutato il freddo e così, controvoglia, affitto una  muta. Spero di non doverla usare ma perlomeno, nel caso, non sarò impreparato. Decido di partire un giorno prima del previsto per avere la possibilità di nuotare in solitaria nel lago e farmi un’idea delle condizioni che dovrò affrontare.

Nell’ultima settimana ho dormito pochissimo perché sono molto teso e preoccupato, mi sveglio sempre di notte e non riesco più a riaddormentarmi: troppo lungo il lago e troppo fredda l’acqua, non ce la farò mai! Ormai questa è diventata la mia psicosi, anche se tutti i miei compagni di allenamento continuano a tranquillizzarmi dicendo che sono pronto, che ce la farò. Loro sono molto più convinti di me, ma in tutta onestà io non mi sento l’impresa nelle braccia, sebbene io sia determinatissimo. Mi riprometto che mi farò tirare fuori dall’acqua solo quando la cosa pregiudicherà la salute o la mia sicurezza, ma in cuor mio giudico maggiore la probabilità di un ritiro rispetto alla probabilità di arrivare in fondo. D’altro canto sono un dilettante e fino a tre anni fa la mia più intensa attività sportiva era guardare YouTube e fumare un pacchetto di sigarette al giorno.

 


Lago d'Orta

Venerdì 24 giugno: arrivo ad Omegna e mi tuffo nel lago. E’ caldissimo!!!

Oddio, “caldissimo” si fa per dire, visto che il termometro segna 24 gradi, ma per nuotare quella è una temperatura quasi ideale se la giornata è bella ed c’è il sole a scaldarti la pelle.

E’ deciso: la muta sta nell’armadietto!

Di notte invece succede il disastro: un fortissimo temporale, non previsto, con pioggia e grandine. Sabato mattina la situazione è migliorata, ma non di molto: vento con forti raffiche, cielo coperto e fulmini. L’acqua del lago si è abbassata di tre gradi durante la notte e ci sono un sacco di onde. Accidenti, dovrò usare la muta. Sono piuttosto demoralizzato.

Non ho mai nuotato con la muta e l’unica volta che l’ho provata in piscina non mi è piaciuto. La mia scuola di pensiero coincide con quella dell’amico Massimo Voltolina: il nuoto in acque libere si fa in costume ed occhialini; con la muta è un altro sport.

Pazienza, ce la metterò tutta lo stesso, ormai sono qui.

Pochi minuti più tardi arriva l’annuncio ufficiale: la gara è rimandata a domenica. Cadono fulmini in acqua ed il rischio sulla sicurezza degli atleti è troppo elevato.

Accetto la decisione, da una parte con l’angoscia di dovermi ri-preparare psicologicamente il giorno successivo e dall’altra con la speranza di trovare l’indomani condizioni migliori.

La mattina mi distraggo con un giro con amici, il pomeriggio mi rinchiudo nella camera con le tapparelle abbassate, troppo poco stanco per dormire, troppo iper-alimentato per mangiare, troppo giù di morale per stare giù dal letto. Un perfetto sabato pomeriggio da sociopatico depresso.

 


Cielo a pecorelleIl mattino successivo mi sveglio alle 6.15 senza bisogno della sveglia. C’è il sole ed il cielo a pecorelle; forse butta bene...

Vado a Lido di Gozzano e vedo l’acqua del lago che sembra uno specchio, niente onde. L’acqua sembra un po’ più calda di ieri. Il cielo sembra preannunciare qualche ora di sole e così la muta se ne torna nell’armadietto.

Immediatamente torna il buonumore, la musica dagli altoparlanti mi distrae un po’ ed in pochi minuti sono di nuovo carico come una molla. Piacevolmente teso, coi sensi acuiti. Mi sento bene.

Finalmente è ora, saliamo sulla barca che ci porta ad Omegna da cui partiremo a nuoto per fare ritorno a Lido di Gozzano.

Mentre gli altri atleti finiscono di prepararsi io dalla barca osservo il percorso di gara cercando di memorizzarlo il più possibile e cercando di crearmi le mire che potrebbero tornarmi utili durante la traversata.

Cercherò di dividere la gara in tre parti, separate tra loro dai previsti due punti di ristoro. Un tratto lungo, un tratto corto ed infine un tratto molto lungo. Devo risparmiare le forze per l’ultima parte, sennò è un guaio.

Mi guardo intorno e noto che hanno tutti la muta tranne me ed una donna sulla cinquantina seduta proprio qui a fianco. Ho l’impressione che entrambi ci stiamo chiedendo se abbiamo preso la decisione giusta oppure no. 

Arrivati a destinazione abbiamo giusto qualche minuto per preparaci. Io ho bisogno di poco, giusto una tonnellata di crema solare, un’ultima bevuta ed una bustina di carboidrati liquidi.

L’altoparlante ci chiama al punto di partenza, tra 10 minuti la gara avrà inizio. In pochi minuti sono quasi tutti nel lago. Io rimango sul molo, cercando di catturare fino all’ultimo raggio di sole, mentre gli ultimi ritardatari mi urtano di continuo nell’entrare in acqua.

Io entrerò solo negli ultimi sessanta secondi, non voglio stare fermo nell’acqua fredda senza muta per dieci minuti. Sul molo siamo rimasti in tre: io, la donna che avevo di fianco in barca ed un altro ragazzo. Ci sorridiamo e ci facciamo gli auguri notando di essere forse gli unici ad essere in costume. Tutti e tre abbiamo il medesimo scrupolo: stare al caldo il più a lungo possibile.

Sessanta secondi alla partenza, mi tuffo in acqua e l’orologio che ho al polso mi segnala che la temperatura dell'acqua è di 21 gradi.

Sì, fa freddino. Speriamo bene…

 

La partenza della gara OceanMan Lago d'Orta 2016

Tre, due, uno… Si parte!!!

Nove mesi di preparazione e sono alla resa dei conti. Non voglio cominciare troppo forte e comunque sento che il freddo mi ruba l’aria. L’avevo preventivato, tra qualche minuto mi abituerò e riuscirò a respirare normalmente, per ora è meglio cercare un gruppo da seguire. Ne individuo uno e mi metto all’inseguimento, ma è troppo veloce e lo lascio andare. Il secondo ha il passo giusto, ma lo perdo comunque subito.

Non ho ancora coperto i primi mille metri e vedo che il serpentone di cuffie gialle si è già allungato moltissimo. A quanto pare gli atleti professionisti o d'élite sono tanti e vanno quasi il doppio della “gente normale”. Però vedo anche che sono da solo, isolato dal resto dei partecipanti. Il serpentone di nuotatori si è aperto in due ed io sono esattamente in mezzo. Ma io voglio stare in una scia e così scelgo quella di destra. Pochi secondi e sono dentro. Mi accodo ad una persona, ma la ragazza al suo seguito combatte coi denti e non mi cede la posizione. Mi accodo a lei e quella comincia a scalciare… Stronza! Lascio sfilare anche lei e mi accorgo che sto in mezzo ad una squadra che vuole nuotare in gruppo. Nessuno di loro mi vuole in mezzo ai piedi. Alla fine perdo tutti e me li ritrovo sulla mia destra, dieci metri più in là. Mi ri-accodo, ma dopo un po’ sono di nuovo di fianco a loro, stavolta a venti metri. Di nuovo sotto per trovarmi nella medesima situazione per la terza volta. Così mi guardo intorno perché o quel gruppo va continuamente fuori rotta oppure sono io che nuoto storto.

Ottimo, sono io! Nuoto inesorabilmente verso sinistra.

In piscina c’è la riga disegnata sul fondo ed è facile andare dritti, ma qui non si vede un accidente e ti accorgi se stai nuotando dritto solo alzando la testa di tanto in tanto tra un respiro e l’altro, non troppo spesso per non perdere l’assetto.

Mi rendo ben presto conto che per nuotare dritto devo cercare di curvare un po’ a destra. Probabilmente la spalla sana tira più di quella lussata e la bracciata è più efficiente sul lato forte.

Bisogna arrivare al primo check-point quasi costeggiando il lato sinistro del lago. 

Zona rifornimento

Prendo il mio ritmo ed arrivo a Punta Crabbia dopo poco più di un’ora e mezzo di nuoto, lì c’è il primo punto di ristoro. Sono un poco stanco, niente di che, nonostante la distanza già nuotata. Io, come quasi tutti gli altri che si fermano, dedichiamo giusto una manciata di secondi per mangiare qualcosa. Regalo la bottiglia d’acqua ad una donna che ne chiede un po’. Io non ho sete perché mi capita spesso di bere un goccino d’acqua quando respiro, tra una bracciata e l’altra. Credo di aver già bevuto un litro di lago, lo sento dalla vescica.

Riparto, consapevole che il prossimo ristoro sarà un po’ più vicino di questo. E’ tutta dritta fino al prossimo check-point, stavolta non si costeggia. Peccato, io non nuoto dritto. Va bene, allora nuoterò “verso destra” fino a là, di nuovo.

Mi faccio tutto il secondo tratto in solitaria, senza scie, di nuovo. Tuttavia mi ritrovo spesso di fianco a due nuotatori che si alternano di posizione per un’oretta buona. Nuotiamo fianco a fianco per quasi tutto il tempo e la cosa mi sta molto bene perché da una parte è vero che non ho nessuna scia in mio aiuto, ma perlomeno non mi devo impegnare troppo per cercare di andare dritto e questa cosa sembra fare comodo anche a loro.

Davide Belletti alla OceanMan Lago d'Orta 2016

 

Cerco di distrarmi coi pensieri, ormai sono bravo in questo e fa parte del piacere del nuoto di fondo. Quando sei allenato cerchi la bracciata comoda, quella automatica e quando la trovi puoi vagare con la mente.

Ad un certo punto mi trovo in mezzo a delle onde. Sono molto grandi ed ampie. Dev’essere la scia di un traghetto, un pesce gigante che ha tirato fuori la testa e mi sta guardando nuotare o forse l’onda creata da una frana caduta nel lago. E’ assurdo, sto solo fantasticando, ma è proprio ciò che mi permette di nuotare automatico. Continuo così...

Ogni tanto sento una coscia ed un polpaccio in procinto di arrendersi ad un crampo, mi rilasso di più e controllo la situazione, sono pronto anche per questo.

Orta (scorcio)Sono già arrivato ad Orta e nuotando costeggio il centro abitato. Belle ville affacciate sul mare con persone che passeggiano sul lungo-lago guardandoci passare. In un attimo sono al secondo punto di ristoro. Integratore, gel, banana e via per l’ultimo tratto! Questo sarà lungo.

Ho nuotato nove chilometri, non ne ho mai nuotati così tanti in un colpo solo e ne mancano ancora più di cinque, ma per fortuna sto ancora abbastanza bene e non ho dolori. Così volevo arrivare e così sono arrivato. Forse ce la farò! Riparto.

Si deve quasi costeggiare di nuovo il lato sinistro del lago fino al traguardo. Tra poco perderò di vista Lido di Gozzano, la mia meta, ora appena distinguibile ed ancora lontanissima.

Però ora sto facendo più fatica. C’è qualcosa che non va. Cambio modo di nuotare rallentando la bracciata e va un po’ meglio, ma per poco. Cambio di nuovo la nuotata, stavolta aumento la forza. Cavoli, sono in mezzo ad una corrente. Pensavo che nei laghi non ci fossero, a quanto pare mi sbagliavo.

Mi ritrovo di fianco ad una ragazza e per un paio di chilometri mi distraggo a guardare la sua bracciata. E’ ancora molto composta ed è un piacere vedere nuotare ancora in modo così pulito. La sua boa è sempre girata dalla parte sbagliata e mi ci vuole mezz’ora prima di vedere il numero 38.

Passano due chilometri e tutto d’un tratto le braccia mi abbandonano.

Mancano ancora tre chilometri.

Tengo duro, nuoto un altro chilometro e vedo la sua boa allontanarsi inesorabilmente. Non tengo più il passo, è finita la birra e due sono i chilometri ancora da nuotare.

D’un tratto mi trovo una barca che mi affianca e tiro su la testa perché quelle persone stanno guardando proprio me. Mi fanno segno che sto nuotando nella direzione sbagliata. Non da molto tempo, ma evidentemente si sono accorti immediatamente che sono in difficoltà.

Li ringrazio e riparto, per fortuna mi hanno avvisato subito, prima che sprecassi troppe risorse nella direzione sbagliata. Mi guardo intorno cercando l’arrivo ma è troppo presto, devo prima passare il promontorio di Spiaggia Miami.

Vedo però le ultime due boe di percorso; sono le più grandi, ovali e dritte, come dei Minions giganti. E sono lontanissime, piccole piccole!

Sono disperato, così provo a nuotare a rana. No, le braccia non spingono neanche così. Qualche nuotatore mi ha raggiunto, stanno cominciando a superarmi. Mentre provo a nuotare a rana vedo però che vado poco più piano di quelli che nuotano a stile libero. Io a rana sono una schiappa, allora vuol dire che anche loro hanno finito la birra. Mal comune, mezzo gaudio. Questo però non mi porta al traguardo.

Mi fermo un attimo ancora e strappo dalla mia boa una bustina dai carboidrati che avevo attaccato col nastro americano e la bevo.

Ricomincio a nuotare a stile libero ma ho le spalle spappolate. Mi fanno malissimo e non riesco neppure a tirare fuori la mano sinistra dall’acqua. Anche gli avambracci sono rigidissimi e dolgono e le mani non riesco più a fare la presa dell’acqua. Pochi minuti ed ho anche la nausea. Devo ritirarmi.

E’ un peccato, ho nuotato così a lungo ma manca ancora troppo per tentare di arrivare al traguardo in queste condizioni. E’ successo quello che temevo e che era prevedibile. Il freddo e la distanza hanno inesorabilmente lavorato contro di me fino a consumarmi tutto quello che avevo. La volontà da sola non mi porterà al traguardo.

Non posso arrendermi. Riparto!

Niente da fare.

Una volta, due volte, tre volte, sette volte. E’ finita, non ce la faccio più e sto malissimo.

Provo l’ultimo estremo tentativo di cambiare la bracciata. Cercherò di farla lentissima, senza spingere. Sposterò solo il braccio da lì a là nel modo più rilassato possibile. L’ho fatto mille volte in piscina mentre cercavo di copiare il modo di nuotare di Massimo Voltolina, che mi ha affascinato dalla prima volta che l’avevo visto in un documentario in tv prima che lo conoscessi di persona. Non credo che in questo momento la mia bracciata assomigli molto alla sua, ma questo modo di nuotare sembra funzionare. Perlomeno non mi fanno più male le spalle.
Sto perdendo una marea di tempo, ma la prima delle due boe l’ho raggiunta ed ora vedo anche il traguardo. Piccolissimo ed in lontanza, ma questo vuol dire che manca un migliaio di metri.
Mille metri non sono niente! Ne ho già fatti tredicimila, cosa vuoi che siano mille metri?

Anche la nausea si fa sentire meno. Arrivo all’ultima Minion-boa e sento la musica in lontananza, dalla riva.

Ora so che arriverò, a costo di nuotare usando anche i peli.

 

 

Gli ultimi cinquecento metri volano. La musica è sempre più forte ed ora vedo i sassi sul fondo del lago. Lo speaker in spiaggia scandisce il mio nome.

Tocco coi piedi per terra. Sono arrivato!

Passo il traguardo e ricevo la mia medaglia: sono passate 4h 42’ 36”, ho battuto il Lago d'Orta, sono un OceanMan.

 

Autore: DAVIDE BELLETTI

 

LOG DELLA GARA: https://connect.garmin.com/modern/activity/1229719865

 

Davide Belletti al traguardo

 

Davide Belletti

 

Davide Belletti

 

Davide Belletti